11 candidature agli Oscar e 6 ai Golden Globe non sono poche. Non lo sono affatto. Un traguardo decisamente importante per Daniel Kwan e Daniel Scheinert, conosciuti come i Daniels, che con Everything everywhere all at once hanno decisamente attirato l’attenzione su di loro come mai prima. Un film che costruisce la propria essenza intorno al concetto di multiverso non passa certo inosservato, specie se a dominare il panorama cinematografico nel settore è attualmente il Marvel Cinematic Universe. Sarebbe un po’ come dire che in Giappone ha preso piede con molto successo, una nuova serie manga con protagonisti dei pirati alla ricerca di un tesoro leggendario, se capite cosa intendo. Il che non significa certo che alcuni temi siano appannaggio di pochi, ma si tratta sicuramente di una mossa rischiosa, in questo caso, pare, perfettamente riuscita.
Complici del successo della pellicola un cast eccellente: una Michelle Yeoh in gran forma, che ha finalmente modo di mostrare nuovamente le proprie capacità, non solo attoriali ma anche marziali, in maniera decisamente più soddisfacente e completa di quanto avvenuto in The Witcher: Blood Origin (qui la nostra recensione). Attorno al suo ruolo da protagonista ruotano altrettante figure di spicco, dal ritrovato di Ke Huy Quan (Indiana Jones e il tempio maledetto; I Goonies) a Jamie Lee Curtis, non convintissima del progetto nelle sue fasi iniziali. Una vera sfida quella di rendere il concetto di multiverso in maniera originale e innovativa, approcciandosi in maniera un po’ folle e disordinata alla materia, ma il cui risultato finale non è del tutto convincente.

Multiverso per tutti i gusti
Se le 3 ore di durata di Babylon (qui la nostra recensione) scorrono senza intoppi, in maniera vivace e incalzante, lo stesso non si può dire per Everything everywhere all at once, che pur durando 40 minuti in meno sembra tenerci occupati per un’eternità. Pur non trattandosi di un film privo d’azione o di dinamicità, arrivati a meno della metà della pellicola viene quasi istintivo chiedersi quanto manchi per arrivare alla fine della storia. La narrazione ci trascina in un ritmo frenetico e senza pace, proprio come la vita di Evelyn. Proprietaria di una lavanderia a gettoni insieme al marito Waymond, cerca di far fronte alle mille difficoltà di ogni giorno: un matrimonio agli sgoccioli, l’attività di famiglia tenuta d’occhio dall’agenzia delle entrate, un padre molto esigente e una figlia, Joy, che cerca di convincere la madre ad essere più aperta nei confronti della sua ragazza, Becky.

In questo clima di tensione familiare e lavorativa, Evelyn si sente schiacciata dallo stress e dalle responsabilità, oltre che dal peso del rimpianto per i suoi sogni mai realizzati. Il suo carattere duro, brusco e pratico, si contrappone a quello del marito, più amichevole e spensierato, che cerca, a volte in maniera un po’ ingenua, di vedere il lato positivo delle cose dove la moglie vede solo problemi e motivi di ansia. La crescente frattura con Joy è per Evelyn, e per il tessuto stesso della realtà, a dir poco cruciale, minacciando infatti di causarne il collasso. La protagonista scoprirà infatti di essere soltanto una delle molteplici versioni di se stessa, le quali provengono tutte dai più disparati e assurdi universi paralleli. Inutile dire che lei è l’unica che può salvare il multiverso dalla distruzione.
Non avere rimpianti
Psichedelico e confusionario, Everything everywhere all at once è ricco di elementi che presi singolarmente risultano originali e interessanti, ma che una volta mescolati si perdono l’uno nell’altro in maniera caotica, che può destabilizzare lo spettatore. C’è tanto che questo film vuole dire e mostrare, e nel farlo salta da una parte all’altra, come un grillo. Balzando insieme a lui nel tentativo di capire il filo logico che sta cercando di seguire, proprio come Evelyn ci ritroviamo a vedere e sentire tutto contemporaneamente, in una linea narrativa frammentaria e spezzata dove più realtà s’incontrano e si mescolano, con risultati a volte inaspettati. La pellicola crea un caotico miscuglio, dove a portare avanti lo svolgimento non sembra essere un unico tema narrativo che si dipana tra varie sotto-trame, ma più concetti che a volte s’intrecciano tra loro e a volte divergono in maniera casuale.

Racchiudendo in sé caratteristiche e citazioni provenienti da film d’azione, di fantascienza, di arti marziali, della commedia e del dramma familiare, Everything everywhere all at once lancia un potente messaggio. Chi non ha mai pensato a come sarebbe potuta essere la propria vita se avesse fatto scelte diverse in passato: se avessi ascoltato la mia famiglia, se avessi seguito il mio sogno, se non avessi sprecato tempo e opportunità. Chi non ha mai pensato di resettare tutto e ricominciare da capo. Ma non si può. Quello che è stato è stato e le occasioni che abbiamo lasciato andare non torneranno più. Possiamo soltanto trarre il meglio da ciò che abbiamo ottenuto e non lasciare che il rimpianto ci condizioni, precludendoci ciò che di bello ancora ci aspetta.
Spazio all'autore: Molto probabilmente la mia sarà una voce fuori dal coro, ma questo film non è riuscito a convincermi del tutto. Le premesse erano davvero interessanti e accattivanti, così come il messaggio finale che la pellicola vuole trasmettere, forse però non riuscendo a farlo secondo il mio gusto personale. L'ho trovato eccessivamente caotico e confusionario e nel suo citare film provenienti da vari generi, nemmeno così originale. – Margherita -_maggie_r