I Kill Giants – Recensione

Scuola elementare, classe quinta, giornata delle carriere. Barbara non è minimamente interessata ad ascoltare la chiacchierata motivazionale del padre di un suo
compagno di scuola. Nascosta dietro un libro che sembra più grande di lei, un paio di orecchie da coniglio che svettano da dietro le pagine, non le importa di esprimere il suo entusiasmo per la quinta elementare, né tanto meno trovarsi una carriera. Lei ne ha già una. Ed è molto più importante di quanto chiunque possa immaginare. Questo è l’incipit di I kill Giants.

Trovo i giganti. Do la caccia ai giganti. Uccido i giganti.”

Pubblicato in sette numeri con cadenza mensile da luglio 2008 a gennaio 2009, I Kill Giants è un’opera potente e delicata al tempo stesso, in grado di mettere in scena la caparbietà, la forza, ma anche l’estrema
fragilità di una bambina nel suo tentativo di affrontare l’inaccettabile e la paura che esso porta con sé.
Merito del sapiente lavoro di Joe Kelly (Deadpool 1997-1999) e di JM Ken Niimura (Never Open It: The Taboo Trilogy) che portano sulla carta una protagonista per certi versi atipica, ma per questo forse ancora più affascinante.

Un’eroina fuori dal comune

Fin dalle prime pagine gli autori non si sforzano di rendere questa ragazzina dallo sguardo risoluto piacevole o simpatica, né nell’aspetto, né tantomeno nei modi. Abbandonando i lidi sicuri e già sperimentati del colore in favore del bianco e nero, Niimura dona al personaggio un look ribelle e insolito: enormi occhiali rotondi, vestiti poco alla moda, con stampe a forma di teschio ed una borsetta a tracolla con l’immagine di un martello ricamato. A completare il quadro delle orecchie da animale, le quali rendono ben evidente l’alienazione di Barbara dalla realtà che la circonda. Queste ultime, pur essendo anatomicamente impossibili, non vengono notate da nessuno, rendendo decisamente meno nitido il confine tra finzione e realtà. Un netto contrasto con le altre comparse femminili della storia, più interessate a curare il proprio aspetto e a discutere degli ultimi pettegolezzi selle celebrità in televisione.

I riferimenti alla mitologia norrena ci accompagnano per tutta la durata della lotta di Barbara contro i giganti. Secondo il mito questi esseri esistevano ancora prima dell’origine del mondo e ne avrebbero posto fine nell’ora del Ragnarok, attaccando e radendo al suolo la città divina di Asgard. Pur essendo protagonisti di leggende anche molto diverse tra loro, ciò che li accomuna è il loro essere la personificazione del caos primordiale e pertanto portatori di distruzione. E questo Barbara Thorson lo sa molto bene.

Già con poche battute di dialogo Joe Kelly definisce un personaggio dal carattere difficile e scontroso, a cui non interessa il giudizio altrui, anche se solo in apparenza. Barbara è un concentrato di sarcasmo, irriverenza e intelligenza, il tutto accompagnato da una lingua tagliente e una grande immaginazione. La lotta che ha intrapreso contro i giganti, creature mostruose e portatrici della peggiore distruzione, è portata avanti con una serietà e una caparbietà ferree. È preparata al loro arrivo e non lascia nulla al caso: costruisce trappole in riva alla spiaggia, studia testi sull’argomento, interpreta i segnali nel cielo e rende forte e indistruttibile il suo martello incantato Coveleski, l’arma che porta sempre con sé nella sua borsa a tracolla e con la quale Barbara è convinta di poter fermare qualsiasi cosa, persino la morte.

Approcciarsi a lei è un compito arduo, tanto per il lettore, quanto per gli altri personaggi che popolano la storia. Eppure entrambi non possono fare a meno di provarci.

L’armatura di ogni giorno

La scuola non è un ambiente facile per Barbara. Non ha amici e tutti la considerano strana e un po’ schizzata. La sua passione per il fantasy e i giochi di ruolo, oltre alla sua crociata contro i giganti non attirano le simpatie dei compagni, ma la rendono il bersaglio principale di Taylor, la bulla della scuola. Il suo atteggiamento verso gli insegnanti, spesso irrispettoso e irriverente, le vale molti rimproveri e punizioni.

Barbara dorme in cantina, perché al piano superiore della sua casa si nasconde un orrore così devastante che non osa affrontarlo. Un mostro terribile, al quale basta pronunciare il nome della bambina dalla cima delle scale per terrorizzarla a morte e gettarla nell’angoscia più nera. Niimura rende questi sentimenti ancora più tangibili grazie alla potenza evocativa del tratto spesso e pesante usato per realizzare le tavole.

Il fratello David e la sorella maggiore Karen, che assume il ruolo di capofamiglia, nonostante i loro sforzi non riescono a comunicare con lei. Sarà Sophia, una nuova compagna di classe appena trasferitasi in città, che attraverso numerosi tentativi ed errori riuscirà a fare breccia nella spessa corazza che Barbara ha costruito intorno al proprio cuore per proteggersi dal dolore e dalla paura. Saranno lei e la psicologa della scuola, la signorina Molle, a svelare il segreto che Barbara custodisce con tanta cura dentro di sé senza parlarne per non renderlo reale, ma al quale ha dato una forma ben precisa.

Il Gigante che è accanto a noi

Joe Kelly riesce brillantemente nel mascherare una storia di formazione con un racconto fantastico e lo fa strutturando una trama solida che, nonostante la complessità del tema, risulta scorrevole e in grado di coinvolgere il lettore senza perdere mai il suo ritmo, gestendo al meglio i colpi di scena senza renderli caotici o frettolosi.

La completa e precisa costruzione della psicologia di Barbara la rendono un personaggio estremamente tangibile, umano e così vicino al vissuto quotidiano da renderlo reale. Al dolore che prova e alle sue paure Barbara cerca di dare una forma che conosce, che è in grado di comprendere, affrontare e sconfiggere. La fuga dalla realtà, l’unico modo che riesce a trovare per contenere il tormento che le attanaglia il cuore senza che ne venga irrimediabilmente schiacciata, la portano ad evitare di guardare in faccia la verità dei fatti, quella titanica presenza che si fa sentire ovunque, alitandole sul collo per farle sapere che è sempre lì e che non l’ha abbandonata. Palesa il suo volto nella forma delle nuvole, nel volo dei pipistrelli, nella scia di morte che lascia dietro di sé colpendo le creature fantastiche che abitano la realtà che Barbara ha costruito.

Il catartico finale lascia la consapevolezza che è possibile concedersi di provare dolore. Il gigante non è sparito: è sempre lì nascosto sotto la superficie, ma non sembra più così spaventoso come lo era prima. Cambia e muta rivelando una forza non consapevole di esistere.

Staremo tutti bene. Siamo più forti di quanto pensiamo.

Voto: 9

Spazio all’autore

Ho adorato quest’opera dal primo momento in cui l’ho avuta tra le mani. Mi rivedo molto in Barbara e nel suo cercare rifugio nell’immaginazione e nella fantasia per affrontare le sfide che la vita ci riserva, titaniche o piccole che siano. Il compito più arduo ? Decidere di prenderle per mano e percorrere la nostra strada insieme a loro.