Spesso vengono utilizzati termini come “imprescindibile” e “capolavoro” quando si legge un fumetto che ci ha profondamente impressionati.
Spesso, ahimè, lo si fa a sproposito.
Grazie a dio, questo non è quel caso, perché per “I Maestri dell’Orzo” queste parole le possiamo utilizzare in totale tranquillità: ci troviamo tra le mani un capolavoro, punto.
Non è una storia che farà gridare al miracolo, nè per la trama pazzesca piena di colpi di scena, nè per le tavole incredibilmente elaborate.
Perchè non troverete nulla di tutto ciò.
O meglio, i colpi di scena ci sono, sia chiaro. E pure i disegni sono eccezionali.
Ma quello che vogliamo dire è che in questo fumetto, chi lo legge troverà la storia di una famiglia che farà di tutto per sopravvivere. E per far sopravvivere la società fondata dal primo personaggio che andremo ad incontrare.
Solitamente, la maggior parte delle opere fumettistiche ha uno o più protagonisti: alcuni restano, altri se ne vanno.
Ne “I Maestri dell’Orzo” il protagonista non è uno: la famiglia Steenfort.
La nostra storia ha inizio nel 1854. Charles Steenfort, ormai ex frate, vince un concorso per mastri birrai (tramite un sotterfugio, e già iniziamo a capire di cosa saranno capaci lui e gli eredi). Si aggiudica così il premio e, contro ogni aspettativa viste le prime pagine, sposa la figlia del più importante imprenditore di birra del paese. Così da avere a disposizione anche il capitale iniziale da investire sul suo sogno.
Gli intrighi di famiglia, e la gestione della azienda, si estendono di generazione in generazione, attraversando intere epoche e tutti quegli eventi che hanno colpito gli ultimi 150 anni di storia.
E’ tutto terribilmente realistico: alcuni personaggi muoiono, alcuni sono più o meno fortunati di altri, alcuni sembravano destinati a grandi cose (promesse non sempre mantenute).
Non ci sono personaggi buoni e personaggi cattivi. Sono tutti terribilmente reali: faranno di tutto per il proprio tornaconto e per proteggere se stessi e i propri cari. Di contro, è impossibile affezionarsi a un personaggio piuttosto che ad un altro (anche perchè incontriamo veramente tante persone, già ricordarsi i nomi sarà un’impresa).
La produzione di birra, chiaramente, fa solo da fil rouge: l’obiettivo è quello di raccontarci la vita di una famiglia, incanalandola in un contesto storico in continuo mutamento.
Ad ogni inizio capitolo, ci sono poche righe che introducono il lettore all’epoca attraversata dalle successive pagine, riassumendo gli eventi chiave accaduti: un escamotage assolutamente apprezzato e molto utile al contesto.
Trovata geniale poi quella di disegnare la cittadina di Dorp, dove tutto è iniziato, all’inizio di ogni capitolo dallo stesso punto di vista, ma in continua mutazione.
Il disegno è qualcosa di veramente perfetto per questo tipo di opera, va detto in totale franchezza: adatto al 100% (così come la colorazione, tenue e semre ben chiara e funzionale).
Van Hamme è un maestro, e ne “I Maestri dell’Orzo” ne abbiamo la prova: è riuscito a raccontare una “soap opera” (prendete il termine con le pinze) mettendoci della suspense, creando una trama avvincente, con dei personaggi assolutamente veri.
E con un pizzico di esercizi di stile, passando dal romanzo ottocentesco ad un poliziesco, attraversando tinte horror, il tutto in 400 pagine di volume.
A nostro avviso, è una di quelle opere che un appassionato di fumetti non può non avere in libreria.
Recuperatelo, non vi pentirete.
Oscar Mondadori, per la catena Oscar Ink, l’ha recentemente ripubblicato. Lo trovate qui.