Il problema dei tre corpi ha tutto. C’è il thriller, la spy story, la fantascienza. C’è il lato più emozionale e umano legato alla morte, una riflessione su quanto la vita umana sia effimera, così come il suo futuro. C’è il pensiero collettivo, orientato non più solo al bene del proprio paese, ma dell’umanità tutta. C’è il fanatismo religioso, la volontà di progredire, il colpo di scena. C’è tutto sì, ma è come se non ci fosse niente. Perché questo “tutto” non lascia il segno, e a volte sembra che ce ne sia troppo.
In questo adattamento non completamente fedele, il materiale di partenza della nuova serie Netflix proviene dall’omonima trilogia di romanzi – dai primi due in particolare – ad opera dello scrittore cinese Liu Cixin, una vera autorità in materia di letteratura hard sci-fi in Cina, riconosciuta anche a livello internazionale. Un’opera complessa, arguta e profonda, intrisa di una critica sottile e di incalzanti domande, poste in una cornice di possibilità che l’autore utilizza per dar voce a quesiti ai quali non abbiamo ancora trovato risposta. Peccato che questa complessità sembri essersi un po’ persa in favore del sensazionalismo.

Loro stanno arrivando
Inquietanti eventi annunciano l’arrivo di un’invasione da parte di una civiltà aliena finora sconosciuta. Ma chi l’ha richiamata verso la Terra per invaderla? La risposta è da ricercarsi in una remota base scientifica cinese della fine degli anni 60’, più precisamente nelle mani di una giovane scienziata che con il suo gesto ha condannato l’intera umanità. Muovendosi tra passato e presente, Il problema dei tre corpi esplora la storia di un gruppo di cinque giovani scienziati alle prese con inquietanti suicidi, un videogioco in realtà aumentata incredibilmente sofisticato, una setta che si prepara ad accogliere il proprio Signore, e il collasso della scienza per come l’hanno conosciuta fino a quel momento.
Il problema dei tre corpi risulta essere un prodotto pensato per un pubblico vasto ed eterogeneo, caratteristica deducibile dal suo voler condensare numerose tematiche e stili narrativi all’interno delle sue otto puntate. Nonostante la sceneggiatura sia capace di mantenere un buon ritmo nell’alternare e intrecciare più linee narrative – qui si nota la mano di Benioff e Weiss come già avvenuto nel Trono di Spade – facendo emergere con più prepotenza quel livello emozionale e di suspance che a tratti sembra mancare allo scritto originale, non arriva mai a costruire un vero legame con lo spettatore, liquidando in maniera più o meno sbrigativa segmenti di storia dal contenuto ben più significativo, e puntando a spettacolarizzarne altri, ai quali fanno eco le campagne di guerrilla marketing.

Dal libro alla serie
Fare eccessivi confronti con l’opera originale può sembrare controproducente. Dopotutto si tratta di due prodotti distinti, ideati per media e tipologia di pubblico differenti. Considerati però il peso e l’importanza per il genere fantascientifico dell’opera di partenza – primo romanzo di uno scrittore cinese a vincere il Premio Hugo – risulta davvero difficile non fare dei confronti, specie se questi ultimi portano alla luce criticità che rendono l’adattamento una copia sbiadita e distorta dell’originale, senza risultare particolarmente impattante a fronte dei cambiamenti apportati alla sceneggiatura.
Complici sotto questo aspetto i personaggi, un pantheon dinamico e allargato rispetto all’opera originale, ma che fatica a farsi ricordare. La loro delineazione è semplice e familiare, a tratti stereotipata, e ben poco impattante a livello emotivo. Sono protagonisti effimeri e pertanto facilmente sostituibili o dimenticabili, vittime di una scrittura che li appiattisce e che le interpretazioni della maggior parte del cast non sono in grado di risollevare.

Risoluta nella follia
Tra le figure che più hanno risentito dell’adattamento operato da Weiss e Benioff spicca quella di Ye Wenjie, la scienziata responsabile del destino dell’intera umanità. Un personaggio complesso e sfaccettato, ma che nella serie sembra ridursi a qualcosa di già visto, privo della carica magnetica che emana nei romanzi. Il percorso che porta la donna a uno stato emotivo e mentale tale dal decidere di condannare l’intero pianeta è diluito in un gioco di salti temporali rapidi e concisi, che donano alla sua storia un tono secco e privo del tempo necessario per svilupparsi e far presa sullo spettatore rispetto allo scritto di partenza. Se nella sceneggiatura di Benioff e Weiss il sentimento principale che la anima è la rabbia – controllata, determinata, ma pur sempre una rabbia trattenuta a stento – Liu Cixin raffigura Ye Wenjie come una donna distrutta, in cui ogni traccia di empatia, sentimento, amore per se stessa e per il mondo sono stati spazzati via da una profonda rassegnazione e sfiducia nei confronti dell’umanità. Ne emerge pertanto una figura dall’atteggiamento calmo e composto, totalmente consapevole del suo gesto e per nulla pentita, ma che lo accetta con serenità, come se fosse qualcosa di estremamente lontano da lei, come se nulla di ciò che accade la riguardasse davvero.

Il reale peso degli eventi scatenati dalla Rivoluzione culturale che colpiscono sia lei che la sua famiglia viene smorzato della sua devastante carica emotiva, affidata quasi unicamente ad una sequenza in tutto lo show, ovvero il brutale omicidio del padre ad opera delle Guardie Rosse nel 1966. Scena forte e decisamente realistica, ma che da sola sembra avere il compito di sorreggere l’intera gravità di un evento storico che lasciò la Cina in una situazione a dir poco devastante sul piano sociale ed economico. È lì che si ritrova tutta la brutalità che Weiss e Benioff hanno infuso nella trasposizione de Il Trono di Spade, ma dura solo un attimo, un breve momento prima di riportare tutto su sentieri più sicuri, meno drastici e forse provocatori.
Il problema dei tre corpi è una serie tutto sommato ben costruita, ma per nulla memorabile. Visto il materiale di partenza e la spesa sostenuta da Netflix per aggiudicarsi la coppia di sceneggiatori di punta di HBO ci si poteva aspettare di meglio. Resta da vedere se la seconda stagione – già prevista per il prossimo futuro – saprà rendere maggiore giustizia all’opera cartacea.
Il problema dei tre corpi : Non posso nascondere la mia delusione. Avendo letto i primi due libri a ridosso dell'uscita della serie tv, le differenze mi sono risultate ancora più evidenti, e in molti casi non ho davvero capito la necessità di alcuni cambiamenti apportati. Senza contare che i personaggi, sui quali facevo molto affidamento visto l'ampliamento del cast, non sono riusciti a trasmettermi molto, se non un ammasso di emozioni trite e ritrite, venute e passate senza lasciare davvero il segno. Un vero peccato. – Margherita -_maggie_r