Need for Comic: Underground vuole essere una serie che svela i gioielli nascosti del panorama fumettistico italiano. Ma come è nata? I nomi altisonanti, certo, piacciono a tutti e sicuramente si sono meritati la posizione che ricoprono. Ma chi avrebbe potuto prevedere il loro successo agli esordi? Chi ha saputo intravedere il loro potenziale? Sicuramente dei visionari ed è quello che tenteremo di fare. Ricercheremo le perle degli emergenti, portandole alla luce dal sottobosco, scavando nei meandri di un ambiente brulicante di talento. Per questo episodio pilota ci occuperemo di Giovanni “Feba” Trento, un artista veronese che ha deciso di mixare buddhismo, Impressionismo e Giappone in un’opera travestita da racconto religioso. Questo è Obscura Lama.
La nascita di Obscura Lama
Nel corso della nostra vita entriamo in contatto con storie di altri e altre che ci guardano dentro. Sembra che sappiano tutto di noi: ce lo raccontano. Consci, certo, che a scrivere sia un’altra persona, eppure è come se quei pensieri, messi su carta, fossero i nostri. Ci sentiamo nudi. Interdetti, ma felici. Forse quel malessere, quelle paranoie, quelle insoddisfazioni, quei pensieri esistenziali non sono una nostra peculiarità. Una stranezza, che ci fa sentire esclusi da tutto e da tutti. Desincronizzati con il mondo. Perché, a volte, sembra che tutti siano in linea con il flusso della vita, mentre noi un metronomo fuori tempo. Fuori contesto. Fuori luogo. I need a cure for me, cause the square doesn’t fit the circle, scrive Oli Sykes in Avalanche (canzone dei BMTH, album That’s the Spirit). Questo verso riassume perfettamente il sentimento che deve essere stato alla base del fumetto. Ognuno cerca di dare delle risposte, delle soluzioni a questa asincronia, che è tutto, fuorché unica. Obscura Lama è la soluzione di Feba. Parla di me, di te, di lui, di Oli, di noi asincroni. Fornisce la sua visione, i suoi binari, ma nulla vieta che tu possa trovarci i tuoi, la tua storia, le tue risposte. E dopo tutta questa premessa da filosofo esistenzialista, a cui servirebbe un bel percorso psicologico, addentriamoci in quella che forse è stata una delle sorprese più grandi del panorama underground del fumetto italiano.

Il peccato della “separazione”
Nietzche descrisse Also sprach Zarathustra come un libro per tutti e per nessuno (Alle und Keinen). Era il suo modo di vedere la vita, di affrontare le turbe esistenziali con cui, volenti o nolenti, dobbiamo fare i conti, prima o poi. Amare l’immanenza, rifiutare la trascendenza. Se il Superuomo era, poi, la massima espressione dell’individuo, Feba decide di intraprendere un sentiero opposto, che porta come stendardo The Wisdom of Insecurity: A Message for an Age of Anxiety: saggio di Alan Watts, dove si parla di ansia e depressione. Questi malesseri nascono dalla consapevolezza di essere unici, separati dal tutto e quindi, in un certo senso, soli. Sbagliato. Errore. Noi siamo parte del flusso, una goccia nella corrente, in un matrimonio perenne con il tutto: “Dove comincio e dove finisco nello spazio? Ho rapporti con il sole e l’aria, che per la mia esistenza sono parti altrettanto vitali che il mio cuore. Il movimento di cui sono un elemento o una spira ha avuto inizio in un’epoca infinitamente anteriore all’evento (isolato convenzionalmente) chiamato nascita, e continuerà a lungo dopo l’evento chiamato morte. Solo le parole e le convenzioni ci possono isolare da quel qualcosa di assolutamente indefinibile che è il tutto”. Il nostro peccato è credere di essere separati, di essere unici, di essere soli.
Noi siamo il “Cercatore”
Come il racconto della propria terapia, la sceneggiatura, delineata solo a sommi capi, di Obscura Lama segue una tecnica narrativa ispirata allo Stream of Conscoiusness. Resa famosa da pietre miliari della letteratura inglese 800esca, quali Woolf, Joyce, Stearns Eliot, si basa sul racconto dei pensieri di un personaggio. Esattamente come appaiono nella sua mente. Confusi, caotici, come immagini oniriche. Ah, il personaggio in questione è l’autore stesso. Appesantito, triste, stanco, ispirato, indolente che fosse: Feba ha aggiunto un tassello, una tavola, traducente il pensiero, ogni volta che ne sentiva la necessità, apparentemente senza soluzione di continuità. 8 anni di lavorazione, 5 versioni diverse. Come dare un senso a tante immagini che sembrano accostate casualmente, senza una prescrizione d’ordine? Etsest burhan boltugai. Questo recita l’ultima pagina del fumetto. Lì sta la chiave per aprire la serratura che ci apre al significato. Cos’è, direte voi? La Preghiera di Mahakala. Chi è Mahakala? La versione buddhista di Shiva. Chi è Shiva? Il dio della distruzione induista. Distrugge il tutto dopo che quest’ultimo ha compiuto la propria storia. Mahakala è il Cercatore, Mahakala è il protagonista e non lo è. Lui è noi e noi siamo lui. Non ci avete capito ancora nulla, vero? Normale amministrazione. Andiamo con ordine.
Una figura non ben definita, detto Cercatore, entra in contatto con una maschera fluttuante, luminosa. Gli appare come Dio a San Paolo sulla via di Damasco. Lo chiama. La indossa. Viene proiettato in una dimensione onirica, in cui dovrà uccidere, senza alcuna apparente spiegazione, una serie di personaggI mascherati, fino ad arrivare al boss finale. Un arcade. Egli presenta altri 5 nemici, ognuno con la propria maschera. Di volti, nel fumetto, non se ne vedranno fino alla parte conclusiva. Poi? Non vorremmo svelarvi troppo.
Scommetto che siete ancora confusi. Uniamo i frammenti. Il cercatore è un alter ego di Mahakala, dio della distruzione. La maschera è il tramite di questa metamorfosi. L’Obscura Lama è il mezzo con cui egli distrugge, ma cosa? Occorre dapprima uccidere i nostri demoni minori, che ci hanno formato come individui, destrutturare noi stessi. Sono le nostre esperienze, i ricordi, le persone che ci hanno influenzato. Positivamente o negativamente, non importa. Sono presentati nel fumetto come figure simili a dissennatori, con maschere bianche. Raggiunto questo passo di depersonalizzazione, si arriva a dover affrontare i 5 veleni dell’anima, secondo il buddhismo, ognuno con una maschera allegorica. Mahakala/ Shiva ha svolto il suo compito. Ma il mondo distrutto non è la Terra, come vuole la leggenda, ma il mondo interiore. Pezzo per pezzo, in favore della pace. Un’obliterazione positiva. Eliminare tutto. Tutto ciò che ci influenza. Tutto ciò che ci rende unici, nel bene e nel male, in favore di un unione completa con il tutto. Atarassia, la chiamavano gli epicurei. Questo è il compito del cercatore: annullare se stesso, in favore del nulla. Del non conflitto, del vuoto positivo interiore. La soluzione di Feba, la soluzione di Watts, l’assoluzione di Shiva.
Il tratto: un mare magnum di influenze
Basta parlare di trama. Occorre che anche voi possiate svelare i segreti che il fumetto nasconde in autonomia, non vorremmo farvi troppi spoiler o indirizzarvi in modo troppo incisivo, togliendovi un po’ di libera interpretazione che questa parabola a fumetti chiede. Andiamo quindi a parlare del tratto. Qualche immagine l’avete già vista. Ricorda mille influenze e nessuna in particolare. Chiaro, le ispirazioni sono tantissime e abbastanza diverse tra loro, ma che, nell’economia del fumetto, funzionano.
Feba descrive Obscura Lama come un: “Fumetto impressionista, filtrato dalle mie conoscenze”. Certe tavole, hanno un tratto molto indefinito, che ricorda l’acquerello. Cercano di trasmettere l’impressione e l’atmosfera che il lettore dovrebbe percepire, senza essere troppo artificiose. Ridotte al minimo indispensabile, come i dialoghi e molti punti della trama.


Altra grande ispirazione, sulla scia del tratto indefinito, come se non ci fosse un’inchiostrazione sul finale della realizzazione, è il lavoro di Gabriele Dell’Otto in Wolverine: Sex+Violence. Un tratto chiaro, certamente più incisivo del precedente, ma in linea con la filosofia del fumetto.
Tra le altre ispirazioni, parlando anche di metodi di concezione della tavola (metaforica, onirica, indefinita e lucida allo stesso tempo), Feba cita Beksiński, pittore polacco, che ritraeva i suoi incubi e di chi gli stava attorno. Un altro volto del dado icosaedrico che ispira l’autore. I quadri altamente allegorici imprimono nella mente di Feba la possibilità di una polisemia delle tavole, che hanno diversi significati, a seconda della profondità dell’analisi. L’albero, che ad una prima occhiata potrebbe riportare al peccato originale cristiano, rappresenta in realtà il simbolo dei 5 veleni dell’anima secondo la filosofia buddhista. O forse tutti e due?
Poi Feba ne cita mille altre ancora, dal Giapponismo ai film di Kurosawa degli anni ’60, al surrealismo. Se poi parliamo di character design, si apre un altra voragine. Da Predator, alla maschera di bue del carnevale sardo, dalle figure sciamaniche, ai samurai di Koike e Kojima. Per non parlare di Nihei, suo grande amore. Ma abbiate pazienza, di lui parleremo tra poco.


La sceneggiatura: dal racconto religioso a Nihei
“Sono un grande appassionato di religione”, ci ha confidato Feba. Dall’ascolto dei mantra durante le ore di studio liceale, ai pomeriggi con gli amici, passati a porsi le grandi domande sull’Altissimo, la parabola religiosa, cristiana o meno che sia, esce prepotentemente nell’ispirazione della sceneggiatura. Se pensate alle più note cristiane (Mt 25, 14-30: “i talenti”) o alle versioni buddhiste (Buddha, in effetti, è una figura molto simile a Cristo), ricorderete come riuscissero a trasmettere con poche e semplici parole, messaggi molto complessi. Lo stesso modus operandi di Feba. Uniamo, poi, la scarnificazione dialogica di Nihei, che ha ispirato l’autore veronese, ed è fatta. Lui stesso, parlando di Tsutomu, ricorda come fosse rimasto affascinato da Blame: niente dialoghi, eppure così pieno di “parole”, di significato. Il continuo ricorso alla metafora non è solo debito di Beksiński o del racconto religioso, ma frutto anche dell’influenza del cinema surrealista, che “plasma la realtà a seconda del messaggio”, come Un chien andalou, film del 1929 che vede la partecipazione, tra gli altri, di Dalì.
Siamo alla fine dei giochi. Alla fine di un viaggio molto lungo per cercare di capire che opera avessimo tra le mani. La storia di ognuno di noi, la graduale distruzione dei propri demoni, nella continua ricerca della pace, dell’atarassia. Ci sarebbero ancora molti simboli da spiegare, dalle maschere a easter-egg, ma vi toglieremmo tutto il piacere della lettura e della ricerca del vostro senso di Obscura Lama. E poi, dopo tutti questi discorsi filosofico-religiosi, è ora di prendersi una pausa e leggere Diva e Donna o qualche altra rivista di gossip. Il nostro cervello ha bisogno di una tregua, direi meritata.
Obscura Lama: Un viaggio che mi ha provocato non pochi trip mentali, al limite tra esistenzialismo e l'uso improprio di allucinogeni. Da leggere con il giusto mood e clama per digerirlo e fare le proprie ricerche per trovare un senso – Francesco – Manwё