Perché NON leggere Innocent?

Giornata pesante. Tornate a casa. Guardate il divano come fosse il vostro primo amore adolescenziale. Decidete, contestualmente, di rilassarvi con un bel manga. Ne prendete uno dalla libreria. Il titolo, rosso cremisi, svetta su una spoglia copertina bianca: Innocent. Pessima idea. E ora vi spiegheremo il perché: avete appena deciso di leggere una storia tra le più cupe, violente, raccapriccianti e opprimenti da far invidia ai racconti degli assassinii di Whitechapel mixata al Miglio verde. Certo, narrata con la grazia e l’eleganza con cui Lorenzo Il Magnifico raccontava, nelle sue poesie, della primavera e dei balli di corte. Un paradosso che vive in tutta l’opera, non per questa meno cruda. Quindi state tranquilli: il vostro stomaco non sarà risparmiato. 

I paradossi di un capolavoro

L’autore, come dichiarato in un’intervista per otakusjournal.it, rimase folgorato da una frase del protagonista del romanzo Il boia Sanson di Adachi: “Io sono Innocente”. Che ironia: come può un uomo che decapita per lavoro parlare di innocenza? Non vi ricorda qualcuno? Eichmann, come scrive Arendt ne La banalità del male, pronunciò le stesse parole, davanti alla giuria nel processo tenutosi in Israele nel 1961. Lui che a morte ha mandato migliaia di ebrei. Ma se pensate che sia una battuta di poco gusto, vi sbagliate. Sono, a loro dire, vittime del ruolo impostogli da una società che si nutre di sangue. Charles-Henri Sanson (1739-1806) venne costretto, infatti, a diventare un Angelo della Morte, suo epiteto durante tutto il manga. Lo era suo padre, lo era suo nonno e così doveva essere lui. Degno erede della famiglia di boia reali: i famigerati Sanson. I maledetti Sanson, evitati dal popolino e nobili perché, secondo la leggenda, chiunque avesse incrociato anche solo il loro sguardo, sarebbe stato vittima di malattie e maledizioni. Una stirpe, comunque, memorabile nella storia: oltre alle vite di migliaia di persone del terzo stato, per mano di Charles-Henri verranno spezzate per sempre le ali della società che lo aveva incatenato ad una vita che non avrebbe mai voluto vivere (insofferenza che fa parte della licenza poetica di Sakamoto, in quanto non ci sono evidenze storiche a riguardo). Lui azionerà la lama della ghigliottina, che berrà il sangue reale per la prima ed ultima volta, quello di Luigi XVI e Maria Antonietta. Cristiano fervente, pacifista di natura, il nostro antieroe, continuerà a ripetere ossessivamente, come un mantra, contro un’inevitabile sentiero verso la pazzia, causato dai sensi di colpa: “Io sono innocente”. L’aria ossimorica che l’opera respira non si limita al solo protagonista, ma anche alla sceneggiatura ed al modus operandi con cui l’autore affronta le scene più cruente. La chiave sta nella metafora.

L’eleganza e l’effimerità, che troviamo a Versailles, riverbera nelle brutture sociali e nelle morti raccapriccianti attraverso pagine allegoriche, come dichiarato dall’autore al webshow francese Toco, Toco. Facciamo un esempio: nel corso della serie ci imbattiamo in Robert-François Damiens, autore del tentato regicidio di Luigi XV nel 1757. Sakamoto non si astiene dal disegnare la tortura che precederà la condanna dell’attentatore: tagliatogli il ventre viene versata una miscela incandescente di piombo, olio, cera e resina di pino. Dopo questo processo, si prosegue con l’esecuzione per squartamento. Damiens viene legato a quattro cavalli, uno per ogni arto, che correranno in quattro direzioni diverse. Voi direte: in tutta questa atrocità, dov’è l’eleganza? Sakamoto decide di non disegnare gambe e braccia che si staccano dal corpo, ma un violino. Le corde, mentre cantano ad un ballo di corte, si spezzano, emulando gambe e braccia. Il maestro spiega che questa metafora ha un duplice valore: a livello acustico la corda spezzata ricorda le urla del condannato; allegoricamente parlando, invece, l’essere umano viene accostato ad uno strumento uno strumento: così perfetto, complesso, eppure così fragile. Basta spezzare quattro corde al primo e diventa un semplice pezzo di legno. Basta uccidere, smembrare il secondo e diventa un pezzo di carne, nulla di più. Il nichilismo e l’orrore filtrato dal savoir faire, glissando ulteriore disgusto con una metafora di una delicatezza che suona paradossale per la scena descritta.

L’iperrealismo

Sfogliando qualche pagina dei fumetti di Sakamoto, è impossibile non accorgersi dello stile più unico che raro, che fa dell’aderenza alla realtà un suo marchio di fabbrica. Dai volti alle acconciature, dal vestiario all’architettura. Per farlo il sensei si serve non solo di riviste storiche che riportano immagini che ricostruiscono usi e costumi del tempo, ma anche dell’utilizzo esclusivo del digitale, che permette una cura dei dettagli di gran lunga superiore rispetto alla carta. Per raggiungere la perfezione, si serve inoltre di 5 assistenti, ognuno specializzato in un aspetto diverso: chi si occupa della realizzazione delle capigliature, chi dei volti, chi degli edifici e così via. Ogni tavola è ‘disegnata’ sempre da più persone in contemporanea e, assemblando i vari tasselli, si raggiunge il prodotto finale. L’iperrealismo è dato inoltre dallo scatto di numerose foto degli assistenti stessi, che indossano abiti settecenteschi. Il ricalco dei modelli fisici, permette di cogliere sfumature impossibili da immaginare. Fotorealismo, insomma. Altro tratto, più sottile, di aderenza alla realtà è la completa mancanza di onomatopee, riservate spesso all’immaginazione del destinatario. Non sono necessarie, anzi è compito del lettore immaginare i vari rumori in base alla propria esperienza di vita, come spiega a Toco Toco. Il tintinnio di una tazza di tè portata su un vassoio dai servitori di corte, il colpo di spada sui ciocchi di legno durante gli allenamenti di Charles per il proprio lavoro, il rumore degli zoccoli di cavallo delle guardie di Versailles. Tutto è riservato alla memoria acustica del lettore oppure, nei casi limite, dove certi suoni sarebbero difficili da immaginare, poiché non comuni, spiegato con una tavola metaforica in cui si rappresenta un rumore simile a quello rappresentato. Oltre allo stile grafico, il realismo si riflette anche sull’aderenza ai fatti storici narrati, per quanto di licenze poetiche ce ne siano. Anche in questo caso, saggi storici e documentazioni varie corrono in soccorso del maestro. 

Proprio perché ci troviamo spesso di fronte a fatti realmente accaduti, Sakamoto sente come reali le morti da lui descritte, non relegabile al 2d. Reincarnando nelle proprie pagine le vite perdute al tempo e, stroncandole di nuovo nel corso della trama, il sensei si reca settimanalmente al tempio, per pregare in onore dei caduti, per augurare loro una serena permanenza nell’aldilà. Sono stati uccisi due volte, la prima nella storia, la seconda trafitti dalla sua penna tra le pagine. Sente il loro dolore come il proprio e recarsi in un luogo sacro è come un esorcismo verso questi sentimenti.

Oltre al disgusto, rabbia e tristezza, di certo, non mancheranno in voi. La realtà descritta è così opprimente. Il grande che schiaccia il piccolo (Alain, giovane volontario negli orfanotrofi, ucciso da alcuni aristocratici). Donne che vendono la propria verginità per guadagnarsi un ruolo maschile (Marie-Josephe in Innocent Rouge, boia di corte), altre che lo fanno in veste di scalatrici sociali (Jeanne de Valois-Sain-Rémy), altre per pura sopravvivenza. Popolo che patisce la fame, sfarzo a corte. E quanta falsità nei rapporti sociali, che Marie-Joseph denuncia e schifa: homo homini lupus, senza distinzione tra ricchi e indigenti. Tranne qualche rara eccezione, come il sopracitato Alain, la visione del maestro è machiavellica: «delli uomini si può dire questo generalmente: che sieno ingrati, volubili, simulatori e dissimulatori, fuggitori de’ pericoli, cupidi di guadagno; e mentre fai loro bene, sono tutti tua, òfferonti el sangue, la roba, la vita, e figliuoli come di sopra dissi, quando il bisogno è discosto; ma, quando ti si appressa, e’ si rivoltano» (Il Principe, XVII). Ah, il buon caro e vecchio antropopessimismo. Che gioia, no?

Francesco - Manwё
Francesco - Manwё
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