Spesso la passione può trasformarsi in ossessione, questa metamorfosi provoca inevitabilmente uno scompiglio tale da portare ad avere una dedizione così grande verso quella cosa e/o persona capace di farci vivere come dei cavalli durante una corsa, ovvero con i paraocchi.
In quei momenti, tutto nasce, vive e cresce per aumentare quel sentimento che inizia a crescere dentro di noi, un’ossessione senza fine, senza via d’uscita.
È come una vera e propria droga che provoca assuefazione.
L’assuefazione porta con sé la dipendenza e inevitabilmente l’astinenza, due fattori capaci di farci compiere gesti inauditi e spesso imbarazzanti.
Nel Sol Levante esiste un concetto a noi quasi sconosciuto, quello delle Idol, capaci di portare gli appassionati a compiere gesti folli per supportarle. Un supporto che in alcuni casi diventa ossessione pura.
Questo è Se la mia idol preferita arrivasse al Budokan, morirei, l’ultima fatica di Auri Hirao di cui oggi analizziamo il primo volume gentilmente concesso da Saldapress.
Eripiyo è un’appassionata di musica e ha un unico desiderio: vedere il suo gruppo pop underground preferito, le ChamJam, salire sul grande palco del Budokan, il mitico palazzetto di Tokyo dove si sono esibiti i cantanti e le band più grandi di tutti i tempi. E poiché le Chamjam hanno arricchito la sua vita con la loro stessa esistenza, la ragazza è disposta a investire tutto ciò che ha per vedere realizzato questo sogno, anche la propria salute.
– Trama dell’editore
Un’ossessione vera e propria verso il proprio idolo, un idolo che in questo caso può essere così vicino ma in realtà tanto lontano.
Un rapporto travagliato
Il rapporto tra Eripiyo e la sua preferita è tortuoso e controverso, entrambe si stimano ma non riescono ad esprimersi come si deve. Entrambe fanno il possibile per cercare di comprendere l’altra ma senza successo.
Già in questo primo volume troviamo una serie di spunti e di temi molto interessanti come l’insicurezza, l’amicizia che spesso nasce per puro caso da una passione comune fino ad arrivare alla tossicità di quel mondo tanto manovrato in cui occorre dare tutto per restare a galla e fare in modo che i fan dipendano esclusivamente da loro.
La dipendenza di Eripiyo verso Maina è una vera e propria ossessione patologica, la ragazza pur di supportare la sua amata idol è stata capace di vendere tutto ciò che aveva, vestiti compresi, per investire il denaro nell’acquisto di infinite copie di singoli, biglietti e gadget vari.
Chi sono e cosa rappresentano le idol
In Giappone, per “Idol” ci si riferisce a giovani adulti che diventano molto popolari nel mondo dello spettacolo grazie alla pubblicazione di album musicali di facile ascolto tra gli adolescenti o interpretazioni in drama televisivi. Queste mistiche figure diventano inevitabilmente persone idolatrate dalla massa in quanto sono spesso caratterizzate da un viso pulito e perennemente solari verso tutto e tutti. Un’idol deve essere perfetta in tutto.
Le idol diventano dei veri e propri automi capaci di accaparrarsi tutto il pubblico possibile portando inevitabilmente stress fisici e psichici verso le ragazze che decidono di intraprendere questa strada che nel Sol Levante sembra essere la via più breve e veloce nella cavalcata al successo.
Inevitabilmente dietro queste figure sono presenti massicce fan-base disposte a tutto pur di lodare, sostenere ed ammirare queste figure lucenti, anche se ciò può spesso portare a dipendenze patologiche o ancor peggio a situazioni di stalkeraggio dei fan nei confronti delle idol.
Lo stile dell’opera
Lo stile di disegno e di narrazione è molto pulito e a tratti particolare, le pagine a colori che caratterizzano le prime tavole sono fenomenali ed è tutto ben collegato. Ciononostante l’opera lascia molto con l’amaro in bocca, in quanto ci sono davvero tanti spunti di riflessione ma spesso sono trattati con superficialità e banalità.
L’argomento chiave dell’opera, inoltre, non è per nulla originale ma può, nel corso della storia, portare ad aprire altri argomenti capaci di mostrare al lettore i pro e i contro di quel mondo che a noi appare così lontano e distante.
L’edizione italiana
L’edizione curata da Saldapress è di classico formato tankōbon, carta utilizzata è di primissima qualità che permette di godersi appieno le tavole che risultano di capaci di far risaltare i disegni dell’autrice.
Nota di merito alla cura minuziosa dei dettagli, il primo capitolo è stato riportato totalmente a colori, così come nell’edizione giapponese.
Ci teniamo a fare i nostri complimenti a Saldapress per la cura che sta mostrando nella collana manga capace di farci scoprire delle piccole perle con edizioni strabilianti, e ovviamente la ringraziamo nuovamente per averci permesso di recensire questo primo volume.
A nostro parere, il prezzo dell’albo (7,50€) rispetta il valore dell’edizione proposta valorizzandola.
Uno sguardo alla mangaka
Auri Hirao nasce il 30 agosto nella città di Kurashiki, nella prefettura di Okayama, in Giappone.
Nel 2007 ha vinto il 2° Ryujin Award (Silver Dragon Award) con Manga no Tsukurikata, opera attualmente inedita da noi. Da sempre appassionata di manga, scrive sul suo blog di non poter mostrare il suo viso per ragioni non specificate e di trovar difficile parlare in pubblico o in conferenza.
Attualmente l’unica opera arrivata in Italia è Se la mia idol preferita arrivasse al Budokan, morirei.
Mentre tra gli inediti ritroviamo: Manga no Tsukurikata, Shigatsu Tsuitachi, O to K Aida, Joshi ni wa Rekishi ga Arimashite: Hirao Auri Tanpenshū, Sensei to Boku, Kyō mo Shibuya no Hajikko de, Seishun no Hikaru to Nanka e Wabi-Sabi – Hirao Auri Sakuhinshuu.
Spazio all'autore: L'opera mi ha lasciato molto con l'amaro in bocca ma ammetto che a fine volume sono stato assalito dalla voglia di capire come continua il racconto. Nonostante ciò non ci sono colpi di scena o momenti adrenalinici. Punto tutto sul secondo volume, sperando che la storia porti a un qualcosa di meno statico! – Francesco – Crea.tivedreamer