Soloist in a Cage – Recensione

Un titolo che è, per certi versi, la serie del momento. Composta da soli tre volumi, pubblicati da Edizioni Star Comics, l’opera è stata proposta al pubblico anche attraverso un cofanetto per raccogliere l’intera serie. Come sempre questi risultano essere abbastanza delicati, anche se in tale circostanza risulta uscirne con una qualità più elevata, e con un apertura ad incastro del box, ma che non va a giustificare i 5 euro di supplemento a cui il cofanetto viene venduto, con all’interno il primo numero. Sicuramente però guarda ai collezionisti ed è un modo per rendere giustizia ad un titolo estremamente meritevole, oltre al già gran formato in cui viene proposto, oltre che per infondere fiducia all’artista. Soloist in a Cage è infatti l’opera d’esordio, datata in Giappone 2018, di Shiro Moriya.

Prison City ospita criminali di ogni genere.
Nella spietata città prigione ricoperta da un gelido manto di neve, la ragione di vita di Chloe è prendersi cura del suo fratellino, ma il piano ordito dai loro vicini di casa cambierà il destino di entrambi.
Questa è la storia di una ragazza che cerca la speranza dentro una gabbia, e della sua battaglia.

– Trama del volume 1

1997: Fuga da Prison City

L’anno non è di certo quello in cui è ambientata la storia di Soloist in a Cage, ma il rimando al cult di John Carpenter, con un Kurt Russel nei panni di Jena Plissken, risulta essere quasi inevitabile. Qui, come in 1997: Fuga da New York, la città in cui si svolgono i fatti è un’enorme prigione al cui interno sono tenuti rinchiusi criminali d’ogni sorta. Siano essi spietati assassini, ladri, prigionieri politici o semplicemente povera gente che si trovava nel posto sbagliato al momento sbagliato. Nel corso della lettura si possono intravedere altri riferimenti, come alle sorti di Anne Frank.

Questa la si può rivedere nella protagonista, Chloe, nelle prime pagine del manga. Rinchiusa in una piccola stanza da quando è nata, senza accedere luci, fare rumori. Sola con il suo fratellino di appena un anno, l’unica sua ragione di vita, e sostenuta da dei misteriosi vicini che le lasciano quotidianamente da mangiare. Non può rendere nota la sua presenza. Se un bambino esce in strada fa sicuramente una brutta fine, figurarsi una ragazzina. Una situazione che sarà destinata a cambiare improvvisamente. Tra i diversi riferimenti che si possono scorgere durante la lettura vi sono anche i bambini sperduti, di Peter Pan.

Già da questi presupposti risulta essere un prodotto stratificato che lascia intravedere da subito la cura che l’autrice ha voluto dare alla sua opera prima. Una cura sia nell’infondere le proprie conoscenze, che in quella di dare vita ad una storia che fa assolutamente ben presagire per il suo futuro. La storia risulta essere ramificata e ricca di dettagli, in un susseguirsi di tavole che la possono far accostare tra i grandi nomi della nona arte.

La colpa dei figli

All’interno di Prison City i criminali vengono sfruttati come manovalanza per le attività di manutenzione della città prigione, sorvegliati da robot all’avanguardia. Un modo da parte del governo di renderli utili, nonostante la poca moralità dietro tale struttura. Quale società potrebbe costruire una cosa di questo tipo? Un mondo sovraffollato, in cui le carceri non sono più sufficienti? Lasciare le persone in pasto ad altre. Ragazzini che hanno la colpa di aver rubato del pane per la fame alla mercé di pericolosi criminali, o di uomini che hanno perso la propria umanità? Chi può permettere ciò? Soprattutto, che colpa ha chi nasce all’interno di queste mura? Che colpe hanno i figli dei criminali? Vite destinate a non avere un futuro per qualcosa che non hanno commesso, ma solo per essere nate nel lato sbagliato del muto? Che giustizia è mai questa? Anche gli umani macchiatasi di gesti discutibili hanno dei sogni ed una famiglia a cui tornare. Anche se molti sono solo prigionieri politici, con la colpa di appartenere al Paese sbagliato.

Un inizio che descrive la difficile esistenza della ragazzina protagonista, della sua forza, nonostante il suo mondo sia circoscritto ad una stanza. Della decisione di vivere per il suo fratellino. Fino al momento in cui tutto cambierà per sempre. Fino alla fuga.

Disegno e narrazione

I disegni sono notevoli, non solo per l’aspetto grafico degno di nota, ma anche per il loro fondersi alla perfezione con la narrazione e nello scandirne il ritmo. Si inizia con un primo capitolo che, già dalla prima pagina, lascia presagire una sensazione di narrazione distaccata. Come di un racconto che ci viene narrato al passato da chi l’ha vissuto. Ciò non viene espresso e reso evidente dai dialoghi, ma lo si percepisce, quasi come a pelle. Il lettore è solo un testimone, un osservatore silenzioso ed impotente, vittima della storia. Può solo guardare con stupore e speranza ai personaggi che lottano per un futuro. Questo lascia percepire, inoltre, un ulteriore senso di dolcezza e forza da parte della racconto. Ma fino alla fine del primo capitolo. Poi ciò viene stravolto. La sensazione di falsa quiete viene rotta, e con essa lo status quo appena creatasi.

Lo stile di disegno è quindi sorprendente. È capace di passare da un tratto semplice, pulito, senza troppi dettagli o pretenziosità, con lineamenti rotondeggianti, al completo opposto. In cui le sfumature e le ombre imprimono una profondità e tridimensionalità invidiabili. In cui il tratto si fa quasi più crudele, in cui le gradazioni di nero dominano la pagina, lasciando spazio a spettri, paure ed incubi. Il tratto leggero viene permesso solo nei rari momenti di innocenza. Ma in un mondo pericoloso come quello di Soloist in a Cage la violenza deve essere enfatizzata. Ciò è reso magistralmente, sia che sia una violenza psicologica, conseguenza della crudeltà delle strade senza legge, che attraverso le stesse scene d’azione. Quest’ultime rendono in maniera sublime la dinamicità ed il loro impatto… e solo apparentemente grezze.

Dal secondo capitolo il lettore non è più un semplice sfortunato spettatore. La mangaka pur essendo alla sua opera prima imprime una grande capacità narrativa dato che, attraverso un time skip ci si ritrova a muovere i propri passi in qualcosa di sconosciuto. Questa percepibile differenza di narrazione la si sente attraverso i disegni, pur mantenendo il medesimo stile. Una sensazione che si assapora solo attraverso la lettura.

Una danza mortale

Chloe porta avanti la propria missione di salvare il fratellino eliminando chiunque gli si pari davanti, che possa minacciare le loro vite. Ma non si lascia sfuggire le occasioni per nuove alleanze ed amicizie. Così come in una danza in cui è indispensabile, delle volte, affidarsi ad un compagno. E, ancora, come in una danza Chloe è pronta a dare la morte.

Il tratto leggero e delicato che cattura l’ingenuità e la parte innocente di determinati personaggi e situazioni è in un costante alternarsi col tratto sfumato, dettagliato e brutale. Questi continueranno a scambiarsi come in una danza. Perché la bellezza è ovunque, anche nei posti più oscuri.

Soloist in a Cage è un’opera matura, che non teme nel mostrate l’orrore degli istinti umani. Come l’abuso di una bambina da parte di più adulti e l’impossibilità di poterla salvare. Come puoi farlo se quella è anche la tua occasione per poter metterti temporaneamente al sicuro? Non possono essere accettate distrazioni e debolezze. Se hai una persona da salvare e proteggere, il resto non conta. Ma fino a che punto? Può una giovane ragazza voler vivere una vita normale, anche se prima dovrà affrontare un intero mondo? Le illustrazioni imprimono alla perfezione tutto questo. Con tratti fini, che catturano ogni singolo capello di una ragazza o ruga d’un anziano.

Un altro specchio di noi stessi

Man mano che si avanza si viene a conoscenza di come la città prigione abbia sviluppato una personale struttura sociale in cui è semplicemente il più forte a vincere. I più deboli vengono inevitabilmente sfruttati come semplice merce. Qui vi regna la più spietata criminalità, traffici e mafia. Ma vi è anche chi cerca di fare la cosa giusta.

Come in ogni società, inoltre, vi domina una forza di controllo delle masse. Anche qui vi è una religione ed un proprio dio. Solo che all’interno di Prison City il dio è vivente e cammina tra i propri fedeli. La sensazione di simbolismo e religiosità permane tutta l’opera che diventa ancor più stratificata e complessa, nonostante sia composta da soli tre volumi, inserendo il fanatismo e la sua conseguenza. La pazzia.

La cura nella rappresentazione dei personaggi e degli sfondi è notevole. Ma sono i primi a dominare le tavole. I lineamenti, gli sguardi, le posture ed i movimenti.

Esiste la possibilità di riabilitarsi e poter scontare la condanna? Si può uscire da Prison City? O la disperazione e la rassegnazione spegneranno la speranza e la voglia di lottare per gli altri? Per saperlo non dovete far altro che immergervi in questo viaggio, che potrebbe strizzare ulteriormente l’occhio anche agli appassionati del genere cyberpunk.

Cosa si nasconde? Che segreti cela la storia? Tra le ombre dietro gli angoli degli edifici e le ombre dentro la propria testa.

Voto: 8,5

Spazio all’autore

Soloist in a Cage è un’incredibile opera prima capace di inserire diverse sfumature e stratificazioni provenienti da opere che fanno ormai parte di tutti noi. Ma vi imprime una propria personalità ed originalità. I disegni sono senz’ombra di dubbio la parte che salta subito in primo piano. Io gli ho trovati estremamente in sintonia con ritmo e narrazione. Anzi erano loro stessi a scandire la lettura, dando una sensazione che bisogna assolutamente vivere direttamente.