In questi due numeri del quindicinale dedicato all’arrampicamuri continua la prima storia a firma Slott e Bagley della nuova testata americana Spider-man. “La fine dello spider-verse” è una storia su cui pesa fortemente il tentativo di agganciare il fumetto al successo dell’ultimo successo Sony, “Across the Spider-Verse“. Purtroppo, se sul grande schermo l’idea del multiverso funziona molto bene, nel fumetto si crea solo una gran confusione.
Basterebbe pensare già solo alla presenza di Ragnessa, la principessa-ragno di Terra-423, che si esprime solo cantando. Forse in Marvel ci sarà pure stato qualcuno che avrà trovato quest’idea geniale, ma è chiaro che siamo alle prese con l’ennesima influenza non richiesta da parte della Disney nelle storie dei supereroi.
Non è un caso che molti tra i grandi sceneggiatori stiano abbandonando la Marvel per approdare alla Distinta Concorrenza, la DC comics, dove sono dotati di maggiore libertà espressiva.
Breve sinossi
“La fine dello Spider-verse” è una storia in sette parti e i numeri 16 e 17 del quindicinale italiano contengono le parti 2-5. Shatra, una vespa umanoide che vive dall’inizio dei tempi ha corrotto la tela della vita, cioè l’insieme delle connessioni tra i vari universi paralleli che costituiscono lo Spider-verse: grazie a questa tela tutti i ragni del multiverso sono connessi e possono spostarsi da un universo all’altro. Shatra, totem della vespa che esiste dall’inizio dei tempi, sta convertendo tutti i ragni in suoi adepti ragno-vespe.
Madame Web si è mobilitata per reclutare una squadra che possa fermare Shatra e riportare le cose alla normalità. I ragni sono aiutati nella loro impresa da un improbabile alleato, il predatore per eccellenza dei totem ragno, Morlun. Quest’ultimo fa fronte comune con i suoi nemici storici perché Shatra costituisce una minaccia anche per gli Eredi (a tal proposito si può recuperare l’Omnibus Spider-verse/Spider-Geddon che racconta tutto sul conflitto tra Eredi e ragni).
Troppi personaggi!
Il quadro che emerge da queste storie è di una confusione allarmante. Sebbene non ci sia confronto con i racconti di “Edge of the Spider-verse” (preludio a questi numeri, ne abbiamo parlato qui), Slott sembra non riuscire a gestire in maniera ottimale tutti i ragni che sembrano solo delle comparse.
Ormai è risaputo che Dan Slott, che ha curato la pubblicazione di Spider-man per dieci anni, fino al 2018, ricorre spesso al vecchio “metodo Marvel“. Si tratta di un metodo caro a Stan Lee impiegato per velocizzare la produzione del fumetto. Lo sceneggiatore in questione non scrive tutta la sceneggiatura, descrizioni comprese, ma fornisce al disegnatore solo delle indicazioni. Il disegnatore prepara una bozza delle tavole e solo a questo punto i dialoghi vengono definiti.
Questo metodo funzionava alla grande quando Stan Lee scriveva e Steve Ditko o John Romita Sr. o Jack Kirby disegnavano: c’era un’intesa tra sceneggiatore e disegnatore che rendeva possibile questo tipo di produzione. Oggi chi disegna è più settorializzato e ciò normalmente produce insofferenza in chi lavora con Slott. Nel caso presente, si vede anche che Marc Bagley, peraltro bravissimo disegnatore e storicamente legato al personaggio di Spider-man, non riesce a seguire completamente la linea Slott.
Il risultato è un fumetto sciatto e per niente appassionante, dove già si sa che alla fine tutto tornerà a posto.
Spazio all'autore: Personalmente trovo insopportabili questo genere di storie. Ho estremamente apprezzato i disegni di Bagley, ma davvero non riesco a capire perché non basti più un solo Spider-man! – Andrea – World Wide Nerd