Spider-Man: Into the Spider-Verse – Recensione

Quasi cinque anni fa, Sony portava sui grandi schermi di tutto il mondo un progetto a dir poco ambizioso e rivoluzionario, destinato a riscrivere le regole del cinema d’animazione moderno. Una sfida in piena regola, frutto dello sforzo congiunto di menti un po’ folli, mosse da una grandissima passione. Ma non sono forse questi gli strumenti per realizzare qualcosa di grande? Elogiato dalla critica e vincitore di tutti i premi cinematografici più prestigiosi per la categoria Miglior film d’animazione – Premio Oscar, BAFTA, Golden Globe, Critics’ Choice Awards, Annie Awards e qualunque altro riconoscimento vi possa venire in mente – Spider-Man: Into the Spider-Verse emoziona e incanta, diverte e affascina, cattura senza via di scampo lo spettatore incredulo, trascinandolo in un mondo fatto di caos e adrenalina pura.

Un’esperienza visiva unica – recentemente eguagliata forse solamente da Arcane – sorretta da una storia dinamica, capace di mixare toni umoristici e più seri con grande maestria ed equilibrio. Un capolavoro, e un recupero obbligatorio per prepararsi al meglio al secondo capitolo di questo nuovo multiverso cinematografico. Un sequel che si preannuncia ancora più esplosivo e decisamente più affollato.

Spider-Verse

Come si dice? “Due cervelli sono meglio di uno?” Beh, anche sei Spider-Man lo sono. Ben prima che Tom Holland, Andrew Garfield e Tobey Maguire si riunissero per vestire i panni dell’Uomo Ragno nella stessa pellicola, il multiverso era già realtà. Prendendo a piene mani dalle numerose versioni alternative dell’iconico supereroe in tuta rossa e blu, Spider-man: Into the Spider-Verse gioca sulla riscrittura delle origini, in una corsa contro il tempo per impedire il collasso della realtà. Coinvolto suo malgrado nella vicenda, il giovane Miles dovrà imparare a farsi carico del pesante fardello che i poteri ereditati dal morso di ragno comportano, diventando il nuovo salvatore di New York e prendendo il posto del defunto Peter Parker. Con lui cinque differenti versioni dell’eroe creato da Stan Lee e Steve Ditko, provenienti da altrettante realtà parallele, in cerca di un modo per tornare a casa.

Rendere umani i supereroi

Venire a patti con una realtà delle cose diversa da quella che si è sempre vissuta è sconcertante e difficile. Getterebbe chiunque nella confusione, figuriamoci un adolescente che non ha mai voluto essere un eroe. Miles Morales è un ragazzo come tanti, intelligente, un po’ impacciato, a cui piace canticchiare a mezza voce le sue canzoni preferite e dilettarsi con la street art. Il ritratto che la pellicola ci propone è quello di una persona che vive felicemente la sua vita, facendo i conti con tutti i piccoli problemi di ogni giorno, circondato dall’amore della sua famiglia. Idilliaco non trovate? O forse sarebbe meglio dire umano. Sì, perché l’umanità è la caratteristica principale che contraddistingue tutti i personaggi del film. Un’umanità palpabile, che risalta in ogni dialogo, da quelli più divertenti e ironici a quelli più seri e cupi.

Peter B. Parker, scontroso, stanco e con la pancetta, demoralizzato da come è andata la sua vita e per nulla intenzionato a diventare il mentore di un ragazzino appena conosciuto; Gwen Stacy, coraggiosa, abile e ironica, ma chiusa in se stessa, spaventata dalla possibilità di soffrire ancora per la perdita delle persone a cui tiene; Kingpin, le cui azioni non sono spinte dalla volontà di accrescere le sue ricchezze o compiere qualche efferata azione criminale, ma dal desiderio di riavere la sua famiglia. Ognuno di loro, così come ogni altro personaggio del film è caratterizzato in maniera precisa e mai banale, permettendoci di ritrovare un pezzo di noi stessi in ognuno di loro e conoscerli un po’ meglio di minuto in minuto.

Nessuno di noi è davvero solo

Se è ormai vero che la nostra epoca sembra essere satura di storie di ogni tipo, tutte o quasi in buona parte già viste, bisogna riconoscere e dare credito a quei racconti capaci di porsi in modo fresco e accattivante. Pur collocandosi come storia delle origini del personaggio di Miles Morales, il film si stratifica in un’ottica decisamente più corale, dando un taglio diverso al classico sviluppo che tutti conosciamo. Il percorso di ogni singolo Spider-Man è caratterizzato, tranne in alcuni casi eccezionali, dalla solitudine. Una solitudine dettata dalla necessità, per proteggere se stessi e le persone che si amano, e dal flagello di essere i soli al mondo in possesso di simili capacità. Nessun maestro, nessuna guida, nessuno che sia davvero in grado di capire cosa si provi a portare un simile peso sulle spalle giorno dopo giorno.

La storia ideata da Phil Lord e Rodney Rothman offre uno scorcio diverso, una versione in cui per quanto appartenenti a mondi lontani e apparentemente irraggiungibili, nessuno Spider-Man è davvero solo. Finalmente esiste qualcuno a cui poter chiedere consiglio, qualcuno che è in grado di comprendere davvero quanto sia gravoso il compito da affrontare quotidianamente. Consapevoli di non essere più gli unici, l’esperienza surreale e incredibile del venire a contatto con altri universi alternativi non avrà un impatto significativo solo su Miles, che troverà nei suoi nuovi compagni dei mentori e degli amici, ma anche su ogni altro Spider-Man che, benché più esperti e navigati nel loro percorso da eroi, torneranno nel loro mondo profondamente cambiati.

Nel cuore del fumetto

Se la sceneggiatura risulta fresca e accattivante, lo stesso e anche di più si può dire per il comparto animato, protagonista indiscusso e al centro si numerose rivoluzioni tecniche e stilistiche. La scelta di realizzare il girato non in live action si rivela più che vincente, permettendo allo studio di sfruttare appieno tutti gli stili di disegno presenti nei fumetti originali da cui ogni Spider-Man è tratto. E se vi sembra di essere capitati in una versione animata del fumetto, beh lo scopo è proprio quello.

Una sorta di gigantesco dipinto vivente, realizzato fondendo la computer grafica con tratti, punti e linee in 2D per dare l’impressione che il tutto fosse stato realizzato interamente a mano. Ogni fotogramma è stato gestito in maniera tale da poter rendere tutte le tradizionali tecniche fumettistiche, rendendo l’esperienza immersiva come mai era stato fatto per un lungometraggio animato. Potrebbero volerci pagine e pagine per spiegare nel dettaglio ogni minuzia tecnica e stratagemma adottato, ma ciò che conta davvero è che il lavoro del più grande team di animatori mai messo insieme da Sony ha prodotto questo incredibile risultato. E noi non possiamo che essergliene grati.

Spider-Man: Into the Spider-Verse: Ho adorato ogni singolo momento di questo film. Uno tra i migliori prodotti d'animazione che abbia mai visto, impeccabile non solo dal punto di vista visivo, ma anche per quanto riguarda la sceneggiatura e la caratterizzazione dei personaggi. Non ho difficoltà nel collocarlo sullo stesso livello di Arcane e spero vivamente di poter dire lo stesso anche con il secondo capitolo. Margherita -_maggie_r

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von 10
2023-05-31T18:30:00+0000