The Crow – Il Corvo: Recensione e breve confronto con il cult del 1994 e il fumetto di James O’Barr

(ATTENZIONE: questa recensione potrebbe contenere alcuni spoiler sulla trama!)

Quando si pensa a “Il Corvo”, la prima cosa che viene subito in mente è la pellicola del 1994 con protagonista il compianto Brandon Lee che tristemente trovò la propria morte sul set di quel film.
Un film che ha segnato un’epoca e una generazione, anche e soprattutto per la morte dell’attore, e che è la prima cosa alla quale i fan pensano quando si parla del suddetto titolo. Paradossalmente non si pensa neanche all’omonimo splendido fumetto di James O’Barr, dal quale è iniziato tutto. Il che, da un certo punto di vista, è anche normale considerando quanto quel film sia estremamente figlio della sua epoca e che ha forgiato l’immaginario collettivo di molti appassionati.

Per quanto riguarda invece questa nuova versione della storia, con un ottimo Bill Skarsgård nei panni di Eric, se la si guarda attraverso uno specchio di nostalgia per quell’altra pellicola ormai divenuta un cult, è assolutamente comprensibile, ma anche sbagliato perché i pareri non possono che essere influenzati dallo spettro del pregiudizio, il che non è una cosa buona in quanto ci porta a crearci un’opinione che spesso non corrisponde alla realtà.
Fare un remake fedele in ogni dettaglio sarebbe stata un’idea peggiore e anche irrispettosa soprattutto nei confronti di Brandon Lee che ha letteralmente dato la vita per quel film, come viene detto spesso. Quindi l’idea migliore, o forse meno peggio, era quella di optare per un reboot (rinarrazione della storia dove vengono cambiati il contesto generale e il design dei personaggi).

Ma attenzione, questo non significa affatto che il film in questione è bello a prescindere, ma neanche che sia brutto come in molti stanno affermando in questi giorni.
Il film presenta comunque degli evidenti difetti, soprattutto a livello di trama.

Eric e Shelly si conoscono e si amano fin dal primo momento in un centro di recupero per drogati dal quale riescono ovviamente a fuggire troppo facilmente senza un minimo di tensione o senza un qualche ostacolo da superare. Già da qui si intuiscono alcuni dei problemi che il titolo in questione ha, come dei momenti senza alcun pathos e che hanno uno svolgimento troppo veloce e sbrigativo. Quasi come se l’intenzione fosse quella di andare subito oltre, il tutto però senza dare un minimo di approfondimento.

Da questo momento in poi, il primo atto del film si svolge molto lentamente perché il regista Rupert Sanders e gli sceneggiatori Zach Baylin e William Josef Schneider si prendono tutto il tempo per raccontare al meglio la storia d’amore tra i due protagonisti, che fin da subito vengono presentati come dei disadattati con una vita difficile e piena di traumi, e la cui morte è solo il culmine di un percorso fatto solo di sofferenza.
A differenza dell’omonimo film del ’94, ma ancor prima del fumetto, la morte dei due non risulta “spettacolare” nel suo essere tragica e anch’essa carica di simboli. I due vengono semplicemente soffocati e la cosa finisce subito.

Uno dei punti di forza che è possibile trovare, se si dà la possibilità a questa pellicola, è proprio la storia d’amore fra i due protagonisti.
Qui, seppur con le dovute modifiche, il film si avvicina più al fumetto dedicando una parte della storia al rapporto fra Eric e Shelly. Una coppia sicuramente disfunzionale, ma che nonostante i numerosi problemi e le numerose debolezze di ognuno, si amano profondamente e il loro va oltre la morte. A tal punto che il detto “finché morte non ci separi”, che viene pronunciato durante i matrimoni che sono indubbiamente degli eventi importantissimi, qui non ha più alcun valore.
Nel film del 1994 del regista Alex Proyas, Shelly (interpretata da Sofia Shinas) è già morta e la si vede solo tramite dei brevi flashback. In quella versione del racconto, ella è più una sorta di ideale di donna irraggiungibile, praticamente un angelo intoccabile che in questo caso ha la sola funzione di far partire lo sviluppo emotivo e caratteriale del protagonista.

Se si vuole continuare a cavalcare l’onda del confronto con il tanto amato cult uscito ormai trent’anni fa, in questo tanto discusso reboot si è voluto puntare anche a rappresentare la parte più brutale e violenta dell’opera originale di James O’Barr. Al punto che le scene d’azione sono forse le più belle di tutto il film, seppur molto violente, cruente e splatter quasi ai limiti del sopportabile per certi tipi di spettatori che possono non apprezzare tale scelta.

In conclusione, si può quindi dire che questo film, nonostante i numerosi difetti, non è l’obbrobrio al quale tanti inneggiano.
Il grosso lo fa anche, e soprattutto, l’interpretazione dei due attori protagonisti, con un Bill Skarsgård preparatissimo e molto ben inserito nella parte, che porta un Eric con un look più sporco e insanguinato caratterizzato dal profondo e odio provato, e una FKA Twigs che, nonostante si tratti del suo primo ruolo da protagonista dopo tante piccole parti, fa comunque un ottimo lavoro portando su schermo una Shelly tutto sommato credibile e con la quale si riesce anche ad empatizzare in certi momenti del film.

Spazio all'autore: Pur avendo molti difetti, questa nuova versione de "Il Corvo" (che in generale è tra le mie opere preferite in assoluto e una alle quali sono più affezionato, che si parli di fumetto o film) l'ho apprezzata molto, a differenza di molti che la definiscono brutta e inguardabile. Secondo me non è affatto così e merita almeno una visione, senza fare però un continuo confronto con il film con Brandon Lee. Si tratta di due film che trattano una singola opera in modo totalmente diverso. Alessandro – Comic Books Passion

5.5
von 10
2024-09-04T16:00:00+0000