Presentato in anteprima all’80esima Mostra del cinema di Venezia e approdato sulla piattaforma Netflix il 10 Novembre, The Killer è l’ultimo lavoro del poliedrico regista David Fincher, tratto dall’omonima graphic novel di Alexis “Matz” Nolent.
Dopo opere del calibro di Seven e Zodiac, in cui gli enigmi contorti e i perenni rompicapo costituiscono un pretesto per scavare nei meandri più profondi ed intricati della mente umana, qui il regista si affida ad un racconto fortemente introspettivo, quasi intimo, in cui il protagonista principale (Michael Fassbender) è un killer attento, cinico e spietato che, grazie ad un uso massiccio del voice over, si racconta e si apre completamente allo spettatore. La trama, estremamente semplice e basica, ricalca il classico orientamento di un film thriller in cui un uomo si trova per la prima volta in vita sua a commettere uno sbaglio, un errore che gli costerà caro e che andrà a coinvolgere l’unico punto realmente vulnerabile della sua vita, la compagna Magdala (Sophie Charlotte). Da questo momento il sicario darà il via ad una caccia impietosa che chiamerà in causa soprattutto i suoi committenti.
Un equilibrio destinato a sgretolarsi
Il film si apre con il protagonista situato all’interno di una camera spoglia, fredda, dai toni cupi e dalle colorazioni monotone, che riflettono esattamente lo spirito glaciale e l’animo impenetrabile del protagonista. Pronto ad agire, inizia un lungo monologo che ci descrive per filo e per segno la sua forma mentis e che ci dichiara quanto sia fermamente convinto che ognuno sia artefice del proprio destino, non esiste karma o fortuna, ma tutto gira intorno ad una rigorosa disciplina che sovrasta le classiche teorie Darwiniane di selezione naturale. Alla luce di ciò ripete in continuazione una sorta di mantra da seguire scrupolosamente per non cadere nell’errore e non perdere la stabilità fisica e mentale. Essere un attento e distaccato osservatore evita l’empatia, che è segno di debolezza, e consente di gestire in maniera imparziale qualsiasi tipo di situazione. Ma l’imprevisto è sempre dietro l’angolo e quando questo si verifica è capace di destabilizzare anche la mente più ferma e rigida, che inevitabilmente va incontro ad un declino emotivo che porterà il protagonista a perdere il controllo della situazione e ad affrontare una condizione di completo disagio e turbamento.
Un anonimo studente di legge
Del passato del protagonista sappiamo davvero poco, se non che era un mediocre studente di legge che poi il destino ha portato esattamente su strade opposte. La cosa interessante è che la sua vera identità viene sempre nascosta da falsi nomi e travestimenti. Agisce nel totale anonimato perchè questo è l’unico modo per sfuggire ad un mondo in cui social e videocamere la fanno da padrone e, forse, è anche l’unico modo di sfuggire a se stesso e di evadere dalla rigorosità delle leggi che si autoimpone. Anche la pellicola in questo senso assume un lato anonimo, perchè mantiene volutamente dei toni monotoni nella narrazione e soprattuto nella dinamicità per dare risalto solo ed unicamente al pensiero e alle riflessioni, in un’analisi quasi filosofica del protagonista. A favore di ciò, è possibile notare in varie sequenze un intelligente utilizzo di luci ed ombre che rendono le ambientazioni particolarmente cupe e scure, perchè è proprio nell’oscurità e nel buio, dove una persona perde la sua identità, che lui agisce.
Spazio all'autore: Dal punto di vista tecnico Fincher non si discute, dirige con fluidità e precisione la macchina da presa, dando vita ad una narrazione estremamente lineare. Il montaggio sfumato è in grado di trasmettere quel senso di angoscia e sgomento che il protagonista vive nel corso della narrazione. A mio parere però mancano dei piccoli approfondimenti che avrebbero dato maggiore precisione alla trama. Dal punto di vista dell’azione non è certamente la miglior pellicola del regista, il racconto è poco energico e povero in dinamismo e può facilmente sfiancare lo spettatore. Ma non per questo è un racconto approssimativo, anzi possiamo quasi vederlo come un vero e proprio saggio di filosofia sull’esistenza umana, sulle consapevolezze e su ciò che è realmente importante nella vita. – Andrea – World Wide Nerd