Continua il nostro appuntamento settimanale con la terza stagione di The Mandalorian, giunta al suo quarto episodio. Una puntata che sembra riavvolgere le lancette dell’orologio, catapultandoci in una serie dei primi anni 2000. Un bel passo indietro, forse ben più di uno in realtà, rispetto a quanto visto la scorsa settimana. Quella possibilità di una gestione più matura e consapevole delle proprie capacità si è palesata ed è scomparsa, una fugace meteora e niente di più. Se volete recuperare la nostra recensione del terzo episodio la potete trovare qui e cercare di capire assieme a noi che cosa sia successo.
Un rifugio sicuro, ma non troppo
Rifugiatisi in uno dei nascondigli dei Figli della Ronda, Din Djarin, Bo Katan (ora entrambi redenti) e Grogu vengono accolti dalla comunità di mandaloriana come membri effettivi. Inizia ufficialmente l’addestramento del piccolo per diventare un mandaloriano a tutti gli effetti. Durante un allenamento con gli altri trovatelli, uno di loro viene rapito da una gigantesca creatura alata e portato via per essere divorato. Viene organizzata una spedizione di recupero per trovare il nido e salvare la giovane vittima.

Se vi sembra che in questo episodio succedano poche cose e tutte di scarsa rilevanza, non vi state affatto sbagliando. Nei suoi 30 minuti di durata (facciamo 25 togliendo i titoli di coda e il riassunto iniziale con il titolo) si salvano giusto quei pochi flashback di Grogu in cui il piccolo rivive la sua fuga da Coruscant e la morte di moltissimi Jedi durante l’attacco dei Cloni dopo l’emissione dell’Ordine 66. Per quanto queste immagini sfaccettino ancora di più la personalità e rendano più chiari i sentimenti del piccolo, si tratta di ben poco materiale per poter salvare quest’episodio, che ricade in una gestione banale quanto vecchia e superata della storia.
E’ ora di cambiare ritmo
Non bisogna certo dimenticare che questo approccio più “vecchio stile” fece la fortuna della serie all’epoca del suo debutto. Dopo i disastro della trilogia sequel, guardare al passato e al suo modo di raccontare il franchise sembrò il modo giusto per farlo rivivere. E per un po’ funzionò. Fino ad Andor almeno. Una maturità nella scrittura decisamente di alto livello, una maggior consapevolezza delle possibilità ancora inespresse dell’universo di Star Wars, ma soprattutto un diverso approccio rendono il divario tra queste due serie difficilmente colmabile. Eppure sembrava davvero che ci fosse una svolta all’orizzonte, che finalmente anche The Mandalorian sarebbe stata contagiata da questa nuova aria di novità. Così non è stato purtroppo.
Questo quarto episodio è sostanzialmente inutile, o perlomeno lo è per 3/4 della sua durata. Ricorda tanto una di quelle puntate filler dove i personaggi legano tra loro portando a termine piccole missioni che non influenzano affatto l’andamento della trama, diventando amiconi e compagni fidati, giungendo a fine puntata guardandosi negli occhi (o nei visori dell’elmo) e dicendo “Ehi amico, penso di averti giudicato male, in realtà sei una brava persona. Ora mi fido ciecamente di te, facciamo squadra”.

Battute a parte, il distacco con il precedente episodio si fa sentire e in maniera davvero pesante. L’ennesima occasione sprecata. Pur non contandoci troppo, speriamo davvero che non ce ne siano altre.