The Pale Blue Eye – Recensione

Il nuovo film di Scott Cooper vede il riproporsi della collaborazione tra il noto regista e il Premio Oscar Christian Bale, in una pellicola dall’animo enigmatico, elegante e impregnata di ottocentesche atmosfere gotiche. Disponibile su Netflix a partire dal 6 Gennaio di quest’anno, The Pale Blue Eye mette in scena il mistero e l’orrore narrandoli da una prospettiva più psicologica, riflessiva e sottile, che non attraverso scene esplicite e jumpscare opportunamente piazzati. Per molti si tratterà di un prodotto noioso, per certi versi superato e non necessario, ma che racchiude in sé molto più di quanto non appaia ad un primo sguardo. L’opera, per certi versi ormai atipica nel suo genere, abbraccia il fascino delle storie del terrore e di paura narrate “alla vecchia maniera”, mescolando elementi del racconto poliziesco e del giallo psicologico, sulle orme della scrittura e delle atmosfere dell’orrore presenti nei racconti di Edgar Allan Poe.

I delitti di West Point

Valle dell’Hudson, 1830. August Landor è un detective newyorkese ormai in pensione, divenuto una leggenda per le sue spiccate doti investigative e per aver risolto numerosi casi complessi e intricati. Conduce una vita ritirata, a seguito della morte della moglie e della fuga della figlia Mathilde. Al fine di risolvere un increscioso delitto, riceve una convocazione da parte degli alti ufficiali dell’Accademia Militare di West Point: trovare il responsabile della sparizione del cuore del cadetto Leroy Fry, morto impiccato ad un albero nel bosco. Addentrandosi sempre di più nel mistero che avvolge la prematura dipartita del giovane, nel corso delle sue indagini Landor verrà affiancato da Edgar Allan Poe, un eccentrico cadetto dotato di una spiccata intelligenza e ottime capacità deduttive.

La morte, così come coloro che già l’hanno raggiunta, sembra dominare ogni aspetto della vicenda e dell’esistenza dei personaggi. Il giovane Poe riceve visite della madre morta in sogno, dalla quale trae ispirazione per la sua poesia e che, a suo dire rappresenta l’origine di ciò che di buono vi è in lui; la perdita della moglie a causa di una grave malattia affligge Landor ormai da tre lunghi anni; e che dire della giovane Lea Marquis, figlia del medico dell’Accademia, che soffre di un male apparentemente incurabile e destinato a peggiorare? Persino il paesaggio circostante, avvolto dai rigidi rigori dell’inverno, non favorisce il proliferare della vita, accentuando la sensazione di precarietà a cui è appesa l’esistenza di ciascuno. Come sfuggire dunque a questo fato? In un antico e rarissimo testo sembra essere contenuta la chiave per svelare i segreti dell’immortalità.

Intenso ed elegante

Adattato dall’omonimo romanzo di Louis Bayard, The Pale Blue Eye è una storia costruita da una mano sicura, che dosa sapientemente i tempi di ogni scena, donando equilibrio alla lentezza del racconto ed evitando di incappare in inutili lungaggini. La fotografia di Masanobu Takayanagi e la regia di Cooper realizzano un prodotto esteticamente curato sotto ogni aspetto; immergendoci nelle gelide e silenziose atmosfere invernali del paesaggio circostante, si valorizza al tempo stesso l’intricata sceneggiatura, dove ogni cosa nasconde in sé una verità più profonda, a dimostrazione di come niente e nessuno siano davvero come appaiono in superficie. A guidarci nella risoluzione del mistero una coppia sfaccettata, brillante e sorretta da due talentuosi attori, capaci di creare una chimica perfetta ed equilibrata tra le personalità delle loro interpretazioni, valorizzandole sotto ogni aspetto.

Quando i giusti attori fanno la differenza

Christian Bale (Trilogia del cavaliere oscuro; L’uomo senza sonno) e Harry Melling (Harry Potter; La regina degli scacchi) creano un connubio perfetto, donando anima e cuore a due personaggi complessi, così diversi tra loro eppure accomunati dall’essere distanti dal mondo che li circonda, tanto da trovare nella compagnia dell’altro un completamento del proprio essere. L’interpretazione di Bale presenta Landor come un personaggio enigmatico, silenzioso e solitario, apparentemente imperturbabile. L’immagine che da di sé, un emarginato trasandato, burbero e di poche parole, nasconde invece un individuo molto più sofisticato, colto e dalle spiccate doti intuitive di quanto non appaia ad una conoscenza superficiale. Strato dopo strato si rivela l’intimità del protagonista, che racchiude un dolore profondo e straziante, reso magistralmente dall’attore attraverso pochi semplici sguardi, rimarcandone ancora una volta il grande talento.

Non minori sono le lodi che spettano a Harry Melling nel portare sullo schermo l’interpretazione del personaggio di Edgar Allan Poe, in bilico tra realtà e finzione letteraria. Il giovane cadetto possiede un animo appassionato, sensibile e un po’ eccentrico, caratteristiche che lo portano ad essere oggetto di vessazioni tra i suoi compagni all’Accademia, più inclini all’arroganza e alla superficialità. Di buon cuore e onesto, Poe, che ha fatto della propria condizione di emarginato una fortezza inespugnabile, si autodefinisce un poeta e pertanto senza patria. La sua intelligenza e l’amore per la cultura e gli enigmi lo renderanno un compagno inestimabile per Landor, non soltanto ai fini delle indagini. Sarà infatti l’unico in grado di vedere cosa si cela al di là delle mura che il detective ha eretto intorno a sé per salvaguardare quanto rimane del proprio cuore devastato.

Il cuore rivelatore

Non fingete oltre! Confesso ogni cosa. Ma togliete, togliete quelle tavole, scoperchiate l’impiantito! Si trova là. Là sotto! Il battito del suo terribile cuore!

Il cuore rivelatore – Edgar Allan Poe

Numerose sono le citazioni e i riferimenti al celebre racconto breve di Edgar Allan Poe. Il titolo stesso della pellicola richiama il pallido occhio azzurro del vecchio della storia, il cui sguardo risulta impossibile da sostenere per il suo futuro assassino, la cui colpevolezza sarà infine rivelata dall’incessante battito del suo cuore sotto le assi del pavimento. Proprio il cuore è il centro nevralgico dell’intera vicenda, inteso non solo come organo fisico ma come la sede del sentimento e del dolore umano, risoluzione di ogni mistero. Quello di Leroy Fry, strappato dal suo petto per oscure ragioni, in un atto violento e disumano; quello di Landor, travolto dal dolore della perdita delle persone care, nascosto in profondità e celato agli occhi di tutti, tranne di chi sa davvero ascoltarne il battito; quello del giovane Poe, forte e pieno di vita, ancora disposto ad aprirsi al prossimo nonostante le innumerevoli ferite.

Voto: 8

Spazio all’autore

Personalmente amo molto le atmosfere dei racconti di Poe e veder trasposta in versione cinematografica una storia che ne richiamasse le ambientazioni, così come le sensazioni trasmesse mi ha attirato sin dal primo annuncio. La presenza di Christian Bale nei panni di uno dei due protagonisti ha poi fatto il resto. Nell’arco di tre giorni ho rivisto questo film altrettante volte e ad ogni nuova visione mi immergo sempre di più nei dettagli e nei particolari, scoprendo nuovi collegamenti e sottili riferimenti. Lo consiglio vivamente a tutti gli amanti del genere, ma non solo. Tocca il cuore in profondità.